
E la quasi certezza che
gli ultimi resti della nazione longobarda,
i cosiddetti Cimbri,
hanno trasmesso ancora intatti sino ai nostri giorni
gli ultimi echi della loro lingua,
strettamente affine ai dialetti della Germania superiore,
il bavarese e l’alemanno, ci riempie di orgogliosa gioia.
Bruno Schweizer
I Zimbar, i Cimbri dell’Altopiano di Asiago, della montagna veronese (Lessinia), di Luserna e di Folgaria in Trentino, sono i custodi viventi di un patrimonio umano incredibile e quanto mai affascinante. La presenza di teutonici nelle montagne dell’antica Venetia certo non stupisce. Il loro arrivo è da inserire nel plurisecolare rapporto esistente tra un versante e l’altro delle Alpi, che di certo è proseguito in maniera quasi ininterrotta per moltissimo tempo (spezzato dalla Prima Guerra Mondiale). D’altro canto Verona fu una delle principali capitali del Regno Gotico prima e di quello Longobardo poi. L’influenza della Langobardia Major altomedievale andava oltre i confini dell’odierna Padania: il rapporto con il mondo germanico bavarese era intensissimo, e seguiva una direzione sud-nord, ossia dalla Langobardia verso la Bavaria. Basti osservare chi governava a quel tempo le nostre città (ad esempio Verona) per renderci conto che sono tutti “alemanni, bajuvari, svevi, franchi, sassoni”. La caduta del Regno longobardo per mano dei Franchi, fece sì che si assopisse –almeno in parte– questa spinta culturale che vedeva nei Longobardi i principali promotori. Ora il mondo bavarese appare acquisire un ruolo dominante. Pensiamo soltanto che dalla metà del X secolo per quasi due secoli, tutto il Veneto fu inglobato alla Baviera prima e –dopo la sua creazione– al ducato di Carinzia per circa un secolo, spostando i confini del mondo germanico sino all’Adige. E’ da questa cultura transalpina, legata ai regni germanici medievali che dobbiamo ricercare le più intime origini dei Cimbri. Prima che studi approfonditi e seriamente supportati facessero luce su queste genti, per lungo tempo riecheggiò la leggenda dei Cimbri quali eredi diretti del popolo danese sconfitto dagli eserciti Romani nel 101 a.C., presso i Campi Raudii. E’ nel periodo umanistico che tale ipotesi godrà di largo credito tra gli ambienti culturali. Il reale significato del loro etimo (zimbar), la cui origine è databile alla fine del Trecento, è ‘boscaiolo, carpentieri’ (zimberer). Una spiegazione è che la sostituzione dell’etnico “longobardo” con “cimbro”, sia legato ad una decadenza culturale (un po’ come oggi appare “cimbro” e ancor più devastante “veneto” – in senso etnico di fronte all’aroganza di una certa cultura italiana). E forse anche il desiderio di affrancarsi qualche antenato più fortunato dei Longobardi stessi… I Cimbri appaiono dunque come una continua sovrapposizione di genti teutoniche, dove ad un sostrato longobardo e gotico (ma anche alemanno, svevo e sassone), grazie ai plurisecolari legami e scambi con il mondo altotedesco, vengono ad unirsi nuovi nuclei familiari, preti, singoli individui provenienti soprattutto da alcune zone della Baviera e del Tirolo. Nei Cimbri non esiste una ‘saga dell’esodo’ di un intero popolo, non esiste tale memoria comunitaria. La stessa formazione di strutture comunali (XIII Comuni veronesi; VII Comuni dell’Altopiano di Asiago…), appaiono inserirsi in un contesto di autodifesa dalle mire provenienti dagli enti e dai signorotti della piana. Nel momento in cui l’isolamento viene meno, si organizzano strutture politiche e amministrative in grado di difendere i propri diritti sulle proprietà e sulla stessa libertà. E questo spiegherebbe perché altre zone abitate da Cimbri, non siano mai state inglobate negli organismi ‘teutonicorum’ (dei tedeschi). Ciò che si può annotare infatti è che: i Cimbri possiedono forme organizzative praticamente identiche a quelle dei territori limitrofi veronesi (vicinia, commun, sorte…); hanno tradizioni alquanto simili a quelle dei rimanenti territori veronesi, comunque di origine nordica: la stela, Santa Lussia, tratomarso… Si discostano invece la presenza del tiglio nella piazza principale (in pianura appare più volentieri la quercia, l’olmo…), ma sembra trattarsi di un problema ambientale-naturale; la lindentanz (danza attorno al tiglio, in Lessinia, non ancora riscontrata nelle zone limitrofe); parte della mitologia, ma ciò appare chiaramente influenzato anche dall’ambiente e dalle evoluzioni sociali… Ma sicuramente all’interno dello stato italiano esistono differenze ben maggiori! A livello architettonico, non esistono differenze di rilievo, se non comunque interne a problematiche socio-ambientali. A chiunque appare eloquente la relazione fortissima tra l’architettura della città di Verona con le contrade cimbre della Lessinia: non semplicemente nel materiale utilizzato, ma anche nelle sue forme… Certo, i tetti definiti “gotici” (per la fortissima pendenza delle falde) che caratterizzano la Lessinia, altro non ricordano che l’utilizzo della paglia nelle coperture, ben attestata anche in pianura, in tutto il Veneto. E’ l’antico “cason”, tipologia costruttiva tipicamente nordica (somiglianze le troviamo soltanto nei cottage irlandesi e britannici, in Bretagna, in Danimarca…). L’uso dominante della pietra, da alcuni viene spiegato come alternativa al legno ormai scarseggiante: piuttosto è la pietra stessa a presentarsi come il materiale costruttivo dominante, ma il suo utilizzo appare essere continuazione di tradizioni millenarie, che trova riferimenti non in Germania, ma piuttosto nei paesi celtici, oltre che nei reperti archeologici che la collina veronese custodisce (castellieri, fortezze-villaggio dell’età del Bronzo). Tornando alla presenza di teutonici in Veneto, l’alto vicentino, Vicenza stessa, vengono spesso definite cimbre. Prove certe di parlanti la lingua tedesca si sono riscontrate ad esempio a Trissino, Recoaro e Chiampo, nonché Arzignano, Montecchio Maggiore, Carmignano di Brenta, oltre che attorno a Bassano. Con una fortissima presenza teutonica, sarebbero stati anche i Monti Berici, a sud della città berica. Santo Stefano di Zimella (tra Lonigo, San Bonifacio e Cologna Veneta) viene definito ‘teutonicorum’, spiegato sbrigativamente con la presenza di una famiglia nobiliare di antica origine tedesca (come tutte praticamente!) in un villaggio vicino (Volpino)… Di origine cimbra o meglio abitata da “teutonici” è Roncà (Universitas Teutonicorum Roncade) con Brenton e Santa Margherita, che grazie agli Scaligeri acquisirà lo status di Commun. Tracce di preti parlanti tedesco, indice di popolazione di lingua germanica, sono attestati anche a Costalunga (piccolo centro oggi nel comune di Monteforte d’Alpone). Molti altri paesi o luoghi vengono citati quando si parla di presenza tedesca nel Veneto (dal Lago di Garda al Trevigiano, dal Bassanese alla bassa padovana). Separare gli odierni cimbri dallo stanziamento di popolazioni teutoniche altomedievali appare alquanto difficile, nonostante che in tutte le maniere si è tentato di trasformare questo ‘sacro residuo di una Langobardia altomedievale pura e viva’, come una semplice colonizzazione delle terre alte venete da parte di contadini bavaro-tirolesi in cerca di miglior condizioni di vita (questa è la visione dominante degli ultimi anni, compromesso tra la scuola italiana indirizzata a sminuire la presenza di etnie germaniche in Padania e quella austro-tedesca, più aperta a ipotesi “pangermaniche”…). Una colonizzazione avvenuta secoli prima che il Sud Tirolo divenisse a maggioranza tirolese!
I Cimbri, insediatisi nel Triveneto a ondate successive, così amanti della libertà comunale e pronti alle armi per essa, sono sì da considerare i discendenti di coloni bavaro-tirolesi, ma –come ci ha ben insegnato un grande cimbro di Ljetzan/Giazza, il Prof.Carlo Nordera nei suoi scritti del Taucias Gareida, conoscitore diretto dell’opera del primo studioso di queste popolazioni, Bruno Schweizer- sicuramente anche i custodi di popoli germanici stabilitisi in Padania nell’Alto medioevo (Goti e Longobardi).
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